i Murales Lu zurr
Amedeo Marchetti 2001 – Nel riquadro la versione del 2001
Con lu zurr si giocava da soli. Il nome deriva presumibilmente dal suono emesso dalla rotazione di un bottone durante la fase di gioco. Era una specie di yo-yo orizzontale.
Si prendeva un bottone grande, quello dei cappotti per intenderci, si faceva passare uno spago resistente, ma non duro, tra due buchi opposti, che poi veniva unito all’estremità con un nodo; tenendo il bottone al centro, la cordicella, larga più o meno una quarantina di centimetri, veniva presa tra i due indici e fatta girare fino quando non li stringeva per bene. Ad avvolgimento completato iniziava il movimento contrario, tirando e mollando le estremità. la velocità portava il bottone e la cordicella diverse volte ad attorcigliarsi e a storcigliarsi emettendo di volta in volta un caratteristico suono simile a zurr, zurr… Più che un gioco era un passatempo, anche se i ragazzi, li mammucce, a volte lo trasformavano in un gioco dispettoso nei confronti delle ragazze, le mammocce. Allora avevano tutte i capelli lunghi, bastava avvicinare lu zurre che essi rimanevano impigliati nei suoi giri, tra la spavalderia dei ragazzi e qualche pianterello delle ragazze. A volte si faceva a gara. Vinceva chi riusciva a far roteare più a lungo il bottone… sempre che qualcuno avesse un orologio, impresa pressoché impossibile almeno fino alle prime cresime.