i Murales Lu trene (il treno)
Iago Barbieri 2007
Alla guida e a cavallo di una canna con il suo pennacchio terminale, di corsa, per le strade bianche e polverose, non ancora asfaltate, di Azzinano, si sollevava tanto di quel polverone da fare invidia al fumo emesso dalla ciminiera di un treno merci.
Di animali ad Azzinano ce n’erano abbastanza: cani, gatti, conigli, galline, papere, paperelloni, pecore, capre, maiali, ciucci, mucche, muli, cavalli. Oltre a quelli selvatici dei nostri boschi: uccelli, serpenti, donnole, tassi, scoiattoli, ricci, volpi, ecc… Starci a contatto, con loro, era ordinaria amministrazione. Ma il treno nessuno di noi lo aveva mai visto, solo una volta Carlo, da lontano, quando si recò con i genitori alcuni giorni a Pineto; non finiva mai e faceva tremare tutta la terra intorno. Ma quello che lo colpì di più fu quella ciminiera che sbuffava a tutto spiano lasciandosi dietro una lunghissima scia di fumo denso, di fronte alla quale la nuvola di polvere lasciata dal nostro pigro e discreto postale, che ogni giorno faceva il percorso Castelli-Teramo e viceversa, era ben poca cosa! Insomma l’idea si era insinuata in noi. Azzinano avrebbe avuto il suo treno. Però frasche da cavalcare, molto lunghe non ce n’erano, oppure erano troppo pesanti da trascinare; ci riflettemmo sopra un po’ e uscì la soluzione. Le canne andavano benissimo: lunghe, leggere e con un bel ciuffo finale per alzare nuvole di polvere che finendo sui panni stesi o il grano messo ad asciugare, provocava sistematicamente le ire dei nostri genitori. Furono il nostro primo treno. legando una canna dietro l’altra avemmo anche i vagoni. L’unico inconveniente era quando qualche dispettoso mettendoci il piede sopra provocava il distacco di alcune parti. le litigate, in questo caso, si sprecavano… Un’altra soluzione la trovò Pietro. Nei boschi e nei fossi vicini cresceva l’unica liana europea, la vitalba; si arrampicava sulle siepi e sulle querce raggiungendo lunghezze ragguardevoli. Proprio quello che ci serviva. Districarne gli avvolgimenti attorno a rami e tronchi e tirarle giù senza spezzarli fu una fatica immane, ma alla fine ce la facemmo. Ne venne fuori un serpentone lunghissimo di liana e fogliame abbondante. Appena arrivati sulla strada, ci mettemmo a turno a cavallo della parte più robusta della vitalba e partimmo tra tuutuuu e sibili di strane rotaie a scorazzare per il paese lasciandoci dietro una scia degna di un treno merci. Col tempo, per essere più professionali, anche se sapevamo che il treno non girava come la corriera, ci inventammo anche uno sterzo incrociando, sulla estremità anteriore, un pezzo di canna più corto a mo’ di manubrio da tenere a due mani, per deviare lo strano convoglio in tutti i vicoli di Azzinano.