L’aquilone

i Murales L’aquilone

Franco Mora 2005

Era un gioco limitato nel tempo, riservato a quelle giornate primaverili quando un venticello, non più gelido e pungente, muoveva costantemente l’aria con piccole impennate della passata stagione e la voglia di uscire, di correre, diventava una necessità impellente e quasi incontenibile. Ci mettevamo con lena a costruire i nostri aquiloni tenendo ancora un po’ a freno un’esuberanza che sarebbe esplosa da lì a poco, portandoci per strade imbiancate e campi aperti a inseguire voli e sogni. Partivamo dalla pendice di Algisa. Da lei prendevamo la carta velina, il resto del materiale ce lo procuravamo in vario modo. Con due pezzi di canne fini facevamo una croce asimmetrica le cui estremità venivano collegate con un filo; su questa struttura incollavamo con colla di farina la carta velina ritagliata a forma di rombo. Con i pezzi di carta avanzati tagliavamo delle strisce con cui fare degli anelli che collegati tra di loro a catena costituivano la lunga coda dell’aquilone e, a volte, anche due aggiunte laterali più corte. A quel punto non restava che collegare l’aquilone a un lungo filo e uscire. Per farlo volare bisognava prenderlo con una mano nel punto d’incrocio dei due pezzi di canna e cominciare a correre, correre, controvento e, svolgendo a mano a mano il rotolo di spago lanciarlo e vederlo salire verso il cielo…