i Murales Lu carrarmete (il carro armato)
Carmen Crisafulli 2004
Era fatto con un innocuo rocchetto del filo che i nostri genitori usavano per rammendare o per la macchina per cucire. Era molto ingegnoso. Alle rotelle del rocchetto con un temperino si facevano i denti, che nella immaginazione erano i cingoli del carrarmato, poi s’infilava ’na lastecatte, un elastico, da una parte all’altra; una estremità dell’elastico veniva collegata ’nche ’na zeppatte, una puntina metallica, l’altra con una rotellina di sapone fatto in casa bucata al centro e un bastoncino di legno messo di traverso. Girando quest’ultimo, l’elastico si attorcinava, per cui appena messo a terra, si storcinava e il carrarmato cominciava a muoversi arrampicandosi dappertutto con le sue “ruote dentate”. Nelle gare in cui vinceva chi faceva andare lu carrarmete più lontano degli altri, il problema principale era fargli mantenere la direzione voluta. Dimenticavo: andava velocissimo se un abbondate sputo tra la ruota e la rotella di sapone oleava l’ingranaggio!
Lontani dal pacifismo degli anni Sessanta, e immemori degli echi ancora nell’aria delle tragedie della seconda guerra mondiale, la nostra educazione di maschietti procedeva, ben differenziata da quella delle femminucce, a base di miti bellici, mascolinità, e cristianesimo a buon mercato. Non era influenzata da questioni particolari come per esempio il cinema, quello di John Wayne, Gary Cooper, Audie Murphy, Errol Flynn, di eroici marines e rudi cow-boy. Pochi c’erano stati, eppure i modelli di riferimento erano quelli. La società nel suo insieme era congegnata il quel modo. Vivevamo circondati da miti virili, da comportamenti e discorsi consequenziali, di dispregio della diversità, di vergogna verso i sentimenti. I nostri giochi erano soprattutto quelli collegati alla guerra: spade e frecce, lu spare ’nche lu carbure, la bomba di terra, lu fucelatte, la cerbottana, la frizz… lu carrarmete …